giovedì 25 ottobre 2012

Andy Stott: Luxury Problems (Modern Love)

Andy Stott è uno dei pochi produttori techno inglesi a colpirmi ad ogni uscita.
Ora torna su Modern Love con “Luxury Problems”, un album di nuovo materiale registrato nel corso dell'ultimo anno.
Torna e apre una nuova fase.
Provate ad immaginarvi Burial che invece di viaggiare su un bus notturno londinese passeggia su una desolata e abbandonata zona industriale. Stott è di Manchester e si sente.
Manchester viene spesso definita come la prima città industrializzata del mondo e tracce di questo suo passato industriale sono ancora ben visibili e ben presenti nella sua cultura.
Infatti i pezzi di Andy Stott anche in passato avevano più in comune con le basse frequenze di artisti noise/industrial del calibro di Sunn O))) e Merzbow che con quelle della techno dub contemporanea o della scena dubstep. Nonostante questo è sempre riuscito ad assorbire le cose migliori delle nuove tendenze elettroniche.
Sicuramente una delle cose più originali uscite dalle scene elettroniche degli ultimi anni è la cosidetta “vocal weirdness” ovvero le sperimentazioni con la voce, la vocal science: varie forme di testurizzazione digitale delle voce come l’Autotune, l’accelerazione o il rallentamento dei vocals, il micro-editing dei sample vocali.
Ed ecco che cinque dei brani presenti nell' album vedono alla voce Alison Skidmore, un tempo insegnante di pianoforte di Andy ed è la novità principale del nuovo lavoro.
'Numb' apre l'album con la voce di Alison, a più livelli e in loop, ma lasciata senza effetti, accompagnata da un sound profondo e sporco. 'Lost and Found' segue una linea di basso ringhiante e una voce disturbata, 'Sleepless' è un tamburo africano che cede sotto bassi intensi delle Stott/ritmiche. E' il suo suono che è stato imitato innumerevoli volte ma qui ri-lavorato e ricostruito per la sua prossima fase evolutiva. 'Hatch the plan' termina la prima metà dell'album con splendidi arrangiamenti vocali . Il secondo lato si apre con 'Expeting', il più riconoscibile momento 'Stott' dell'album: un naufragio, delirante in 4/4 in halfspeed pronto a risucchiare tutto ciò che lo circonda. "Luxury Problems' è tranquillamente euforico. "Up the box" cambia la narrazione e parte con un intro esteso per 3 minuti prima di irrompere in un rallentato Jungle narcotico e per finire, "Leaving", conclude l'album con un'altro esperimento con voce e synth.
Gli spettri della scena rave ritornano e questa volta riappaiono non tra i grattacieli vetrati della metropoli finanziaria ma in mezzo ai capannoni abbandonati in tristi spazi post-industriali .

Gran disco!

sabato 20 ottobre 2012

Il rumore del sogno

Un'angosciata beatitudine
In un mondo in cui sei rincorso da miriadi di richiami, apparati di cattura di un potere mediatico che pervade la vita è nata in molti la convinzione che “è meglio perdersi che essere trovati”.
Se poi questo mediascape costruisce desideri che non possono essere esauditi, ma solo invidiati ai pochi che possono, ecco che molti si immolano a portavoce dei sogni impossibili.
Per questa generazione precaria con le sue vite insoddisfatte l'idea beatnik del “viaggiare senza arrivare” è diventata l'idea del “perdersi da nessuna parte”.
Il nebuloso oblio del rumore bianco diventa il luogo di beatitudine che prende a piene mani da quella scena che a inizio '90 era chiamata shoegaze/ethereal.
La ristampa di molti album di quella scena e alcuni nuovi lavori che riprendono quel flusso sonoro nel quale immergersi in maniera totalizzante rispecchiano il bisogno di redenzione di una generazione che sembra consapevole che il futuro non dà spazio a speranze. La psichedelia diventa atteggiamento esistenziale: il disorientamento come perdita delle coordinate per lasciare il segno in in mondo inflazionato dai segni, e di contro la ricerca della beatitudine che permetta di svettare sopra il reale almeno per la durata di una canzone.
Cosi anche alcuni musicisti dell'area cosi detta “black-metal” si cimentano con il suono ethereal/shoegaze e viceversa alcuni dell'area “ethereal/shoegaze” si avvicinano al “black metal”.
L'asperità e la negatività “black metal” diventa trascendentale bellezza, mentre il volo sognante “shoegaze” un po' più inquieto. Ma ha senso parlare ancora di generi o scene musicali? Forse no.
Forse è solo il bisogno comune di usare il rumore dei propri sogni per cercare una (pur angosciata) beatitudine.

Alcuni ascolti recenti:
Jodis - Black Curtain
Alcest - Les Voyages De L'Âme
Jessica Bailiff: At the Down-Turned Jagged Rim of the Sky
Bitcrush - Collapse
Pale Sketcher - Seventh Heaven
Jesu-Ascension
Thisquietarmy - Resurgence

giovedì 11 ottobre 2012

Because Diserzioni

 
In questi giorni ho riflettuto molto sull'opportunità o meno di continuare a trasmettere.
La difficoltà nel collocare una trasmissione particolare in palinsesti fm che rincorrono sempre più standard generalizzati (per tutti), e parallelamente il proliferare di streaming di ogni genere in rete, mi hanno fatto quasi desistere.
Poi una pagina pubblicitaria su una vecchia rivista di cinema che reclamizzava una fotocamera digitale della Sony mi ha illuminato in questione con lo slogan: “Don’t think, Shoot”. Non pensare, scatta.
Il mercato globale ha bisogno di scatti senza sguardi, di produrre segni-immagini anche privi di significato, anzi meno sguardi- creatività ci sono al lavoro, meglio è, bastano le dita che producano-consumano segni senza senso, sostituibili, cancellabili.
I touch screen dei nostri dispositivi multimediali pronti all'usa e getta continuo.
Al contrario credo ci sia ancora bisogno di sguardi, occhi, di suoni e orecchie che sanno di non potere fare a meno del pensiero e che creino narrazioni altre, altro senso, c’è soprattutto bisogno di creatività che trasformi.
Soprattutto oggi, in tempo di crisi anche musicale dove il bombardamento di suoni embedded, creano un eccesso di onde sonore che inondano e offuscano la biodiversità sonica.
Oggi abbiamo bisogno di fermarci a capire e di costruire il nostro paesaggio, sentiamo l’esigenza di una sorta di ecologia sonora.
Per questo non basta coltivare il proprio ascolto casalingo , ma bisogna resistere anche in quei piccoli spazi di etere che restano liberi usare il suono per produrre un senso alternativo "mettersi in mezzo" alla realtà, per narrare dell'altro e aprire qualche contraddizione.
Non so se ci sia bisogno di Diserzioni ma fino a che ci saranno suoni in grado di stupire ci sarà sempre la speranza di stupirvi. Di sorprendervi e di sorprenderci.
Come sempre.